Privacy e riservatezza: il digital divide

Ho sempre vissuto in città di provincia (MI) dove è abitudine frequentare una cerchia ristretta di persone. Questo mi ha permesso di stringere legami molto forti con chi considero i miei amici, ma allo stesso tempo non mi ha favorito nello sviluppo di una  sensibilità verso la gestione delle informazioni personali nella vita reale; la mia lingua lunga ha solo fatto piovere sul bagnato…

Il paese è piccolo e la gente mormora…

recita il proverbio: ho constatato che è vero in molte occasioni.

Non tutti i  mali vengono per nuocere: nella mia vita digitale ho saputo imparare dagli errori commessi nela vita parallela e ho sempre dato un occhio di riguardo alla privacy online e tutto ciò che consegue allo scambio di informazioni tramite internet. Anche internet, infatti, con le sue milioni di miliardi di connessioni digitali può essere considerato un paesino di provincia, dove tutti possono venire a sapere tutto.

Consideriamo un esempio: Alice e Roberto (sempre chiamati in causa in questo genere di esempi), hanno una relazione che vogliono mantenere segreta. I due non si incontrano mai in pubblico, ma volentieri si scambiano messaggi passionali attraverso il telefonino e il computer. Un giorno Alice sta chattando con Roberto via Facebook quando per sbaglio il mouse le cade e viene cliccato questo link. Alice capita sulla pagina che descrive le regole con cui Facebook registra e archivia le informazioni a lei correlate e incuriosita legge interamente il contenuto. Scopre essenzialmente che:

L’indomani Roberto torna da un viaggio di lavoro e chiede ad Alice di incontrarsi; la avvisa inoltre che il suo telefonino gli è stato rubato in aereoporto. In quel momento Alice è fulminata da un pensiero: e se il ladro del cellulare fosse a conoscenza del modulo per ricevere i dati da Facebook e usasse il telefono di Roberto per farne richiesta? A quel punto avrebbe a disposizione tutte le conversazioni tra i due e potrebbe approfittarne per ricattarli! Non vorrei essere al posto di Roberto quando si incontreranno…

Generalizzando dall’esempio, ogni compagnia che opera online ha il potere di acquisire dei dati: dalla sola mail e password in uso anni fa, al web 2.0 di oggi basato sui contenuti generati dagli utenti. Ogni compagnia si deve dotare quindi di politiche di detenzione e divulgazione di queste informazioni; vorrei che questo concetto fosse più ampiamente diffuso tra chi fa uso di questi servizi.

Non è raro infatti considerare più sicuro e riservato scambiarsi informazioni via internet che a parole; se domando “Ci sentiamo per organizzare la festa a sorpesa di X?” mi sento rispondere “Creo un gruppo su Facebook” e rimango perplesso: come si può pensare che sia meno rintracciabile o più segreta una serie di caratteri leggibili e che viaggiano andata e ritorno per l’oceano Atlantico, rispetto alle parole sussurrate direttamente all’orecchio di chi deve sentirle?